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(Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2Tes 2,16-3,5;Lc 20,27-38)

Camminare, edificare, confessare per dare concretezza e storicita' al regno di dio   versione testuale

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO



Cattedrale S. Ciriaco - ANCONA

Carissimi, innanzitutto la mia gratitudine per vedervi qui a pregare in questa Eucarestia nella comunione e nella fedeltà alla Chiesa.
Vorrei affidarvi qualche pensiero che aiuti a rendere la vostra esperienza ecclesiale, ma anche la personale esperienza di fede, nella dimensione del Vangelo e della Chiesa.
Innanzitutto: chi siete voi?
Come vanno letti questi carismi che arricchiscono la Chiesa?
Come vanno lette le aggregazioni laicali?
Lo diciamo con parole molto semplici: voi tutti siete un dono dello Spirito, di tempo in tempo, lo Spirito di Dio, colui che anima la storia, che la santifica e l’orienta, suscita nella storia stessa ciò che è più utile e più adatto e aiuta e soprattutto sostiene.
Questo è nel tempo utile, perché la Chiesa non viva una stagione di invecchiamento, piuttosto, come diceva Pio XII a suo tempo, la stagione della primavera e voi, frutto dello Spirito, resi ancora più evidentemente presenti questi doni del dopo Concilio, voi siete la primavera della Chiesa.
Non contano i capelli bianchi, non conta nemmeno la fatica di far vivere sempre questo carisma, questo dono di Dio, conta principalmente l’essere, il sapersi dono dello Spirito, governati, santificati e orientati da Lui.
Vorrei che questo mai lo dimenticaste, perché leggere la nostra vita, leggere la storia della Chiesa come una ricchezza e moltitudine di doni toglie a tutti noi la tentazione della primogenitura.
Nella Chiesa esiste un unico unigenito che è Cristo Signore, tutti noi siamo doni di Lui, doni meritati da Lui ricchezza dello Spirito.
Ma chiarito questo, credo sia necessario domandarsi perché questa primavera della Chiesa, per fare che cosa?
Qual è la finalità delle varie aggregazioni laicali?
I doni dello Spirito, carissimi, non ci sono dati per utilizzo personale, nemmeno per una sorta di vanteria di appartenenza, nella Chiesa non esiste la vanità, se esistesse essa andrebbe contro l’essere Chiesa.
Vorrei che comprendessimo che tutti siamo chiamati, anche nella modalità dei fatti aggregativi, alla edificazione della Chiesa.
Lo Spirito non dà doni inutilmente, certo lo Spirito ci santifica, ma questo dono della santificazione non ci è dato per una sorta di puro godimento personale, perché c’è un compito che è affidato allo Spirito, perché come voi sapete la storia della salvezza, quella pensata da Dio Padre, ha tre tempi fondamentali: ha il tempo del Padre che prepara la storia della salvezza, ha il tempo di Gesù Cristo che la realizza, e ha il tempo dello Spirito che fa continuare quella storia.
Cosa significa la storia della salvezza se non edificare la Chiesa?
Edificare, visibilizzare, dare concretezza e storicità al regno di Dio, noi siamo qui per la edificazione della Chiesa, per essere parte viva visibile del regno di Dio.
Per continuare su questo punto, che è fondamentale, voglio farvi memoria di ciò che Papa Francesco disse ai suoi confratelli cardinali il giorno dopo la sua elezione, quando celebrò con loro l’Eucarestia e fece la sua prima riflessione, quella che forse ci sbalordì un po’ tutti se non altro per quella dimensione così cordiale con cui diceva le cose.
Soffermandosi sulle parole del brano della Parola di Dio, consegnò ai confratelli cardinali e alla Chiesa tre verbi ecclesiali: camminare, edificare, confessare.
Camminare.
La Chiesa cammina nella storia, cammina; una Chiesa pigra è una Chiesa che non corrisponde più allo Spirito, che è sorda allo Spirito, anzi che è disobbediente allo Spirito.
La Chiesa cammina nella storia in compagnia dell’umanità sapendo che la compagnia dell’umanità  è una compagnia di peccatori, ma anche essa Chiesa è fatta di peccatori, perdonati e salvati da Gesù Cristo.
E dobbiamo camminare, si dice, nella fedeltà, la prima lettura dei Maccabei che è così tanto lontana, ci invita a questo: camminare nella fedeltà a Dio.
Edificare.
Noi siamo per la unificazione della Chiesa, ma qui c’è un’urgenza; permettete che il Vescovo confidi con affetto, con paternità anche con grande responsabilità perche, cari figlioli, più la Chiesa accoglie i carismi più il demonio fa la sua parte, tenta, semina zizzania ed essa ha tanti nomi che non voglio minimamente ricordare!
Ma come risposta a tutto questo che cosa dobbiamo fare?
C’è un convincimento: che tutti noi siamo riuniti sotto un unico nome, il nome di Gesù Cristo, che a modo suo, e ognuno di noi secondo le proprie possibilità ha incontrato, credo che ognuno di noi debba fare questa riflessione su ciò che l’esperienza di quell’incontro l’ha toccato.
Se noi non riusciamo a fare l’esperienza personale di Cristo a cominciare dagli apostoli, in questo caso da me, noi finiamo per essere, come diceva Paolo, un tintinnio di suoni.
Allora se dobbiamo unificare il Regno di Dio alla storia voi comprendete bene, carissimi, che la parola edificazione richiede un progetto, che c’è nella storia della salvezza ed è il progetto di Dio, ma richiede le fondamenta, nessun edificio può pensare di reggersi senza.
Nessuna Chiesa, nessuna esperienza ecclesiale si regge se non ha come fondamenta Gesù Cristo!
Ve lo dico con forza, non è il vostro fondatore che vi salva, è Cristo e il fondatore, qualunque esso sia, fosse pure un santo e ci auguriamo che tutti siano santi, sono semplicemente dei mezzi, degli orientatori, delle grazie : bisogna che fondiamo la vita su Gesù!
L’apostolo chiama “pietra angolare” e che l’invito per ognuno deve essere non un sogno ma una persona, non deve essere un’occasione ma un fatto, non deve essere un movimento del cuore ma un avvenimento che cambia la vita.
Allora questa edificazione ha due volti:
il primo: l’edificazione dell’abitazione spirituale che devo diventare io; ogni battezzato, ogni discepolo di Gesù è abitazione di Dio, è edificio spirituale, per questo è necessaria questa coltivazione della vita spirituale.
Essa non cammina, cari figlioli, attraverso le peculiarità del movimento o dell’aggregazione, ma cammina esclusivamente nelle modalità che il Signore suscita, cammina sul fatto che Gesù Cristo entra nella mia vita e la cambia.
In parole più semplici, per dirlo con il catechismo di una volta, è la grazia di Dio che mi rende edificio spirituale.
Questa edificazione spirituale necessita di questo di Cristo che è Parola immodificabile da accogliere e che è misericordia, perdono, grazia ed ecco i sacramenti, viveteli con intensità, viveteli nella storia della liturgia della Chiesa, viveteli come dimensione ecclesiale.
Solo dopo avere pensato ad edificarsi come edificio spirituale personale, c’è l’edificazione della Chiesa, noi siamo per vivificare la casa comune dei figli di Dio, l’edificio spirituale che è la Chiesa.
La Chiesa è nel tempo, ma non appartiene al tempo, la Chiesa non si regge sui domini umani, tutte le volte che la Chiesa cattolica ha inceppato nel potere ha perso, tutte le volte che si è lasciata contaminare dal denaro ha perso.
La Chiesa siamo tutti noi bisogna che venga capita come edificio spirituale, ma attenti non vuole dire disincarnata; ho detto spirituale non evangelico, la Chiesa incarnandosi è spirituale non evangelica, cioè ripetendo nella propria vita le due dimensioni del Figlio di Dio: l’incarnazione e la resurrezione.
Occorre che noi costruiamo la Chiesa e ci sentiamo tutti parte viva e stando dentro la Chiesa, conta la Chiesa, non conto io, non contate voi, conta la Madre.
Tutti noi dobbiamo essere gli artefici della bellezza della Madre, uso la parola bellezza perché è più simpatica della parola santità, ma anche forse più onnicomprensiva; noi abbiamo bisogno che la Chiesa sia bella perché il suo sposo, Cristo, è lo sposo bello, pieno della bellezza di Dio.
Dobbiamo impegnarci perché questa nostra Chiesa abbia questo splendore e lo splendore della Chiesa, tra i tanti nomi ne ha uno che le interessa ed interessa tutti noi, si chiama la comunione ecclesiale.
Anticamente i preti anziani, quelli che stavano sulle montagne, forse un po’ rozzi ma con una sapienza terribile, dicevano: “se vuoi trovare i cristiani vai a vedere dove sono le divisioni, lì ci sono i cristiani.”
Secondo voi quella storia è finita?
E’ antica questa storia, se voi leggete Paolo, a quel tempo c’erano già le prime divisioni, si legge negli Atti degli Apostoli: “io sono di Paolo, io sono di Pietro…” e Paolo con la sua forza ribadisce: “No, siamo tutti in Cristo!”
Carissimi, fatemi fare questo esempio: noi non dobbiamo scalare l’alta montagna e arrivare ad impiantare la prima bandierina, non dobbiamo avere il primo posto, ma dobbiamo essere costruttori di comunione nella diversità.
I carismi dello Spirito sono infiniti, ognuno ha la sua nota, ma deve diventare concerto, canto, armonia.
Confessare.
Che non significa confessarsi, che sarebbe tra l’altro una buona cosa accostarsi al sacramento della riconciliazione settimanalmente; la parola confessare significa semplicemente testimoniare, dire pubblicamente.
Il primo aspetto di questo confessare: la missione.
Figlioli siamo diventati muti, si ha paura del parlare e poi non si sa più come parlare perché se parlo in un modo sono compreso da una parte, se parlo in un altro sono compreso dall’altra, abbiamo “frazionato “ la parola di Dio.
La missione nostra è quella di annunciare l’unica parola, l’unico Gesù Cristo, l’unico Salvatore, l’unica Chiesa e questo non è dominio culturale questo è quello che dice Cristo; Gesù non ha detto che esistono due Maestri, io sono il Maestro!
Questo confessare è la missione, è il parlare in ogni ambiente: in famiglia, nel lavoro, nella scuola, non il catechismo, ma Gesù Cristo, perché Gesù non ha creato la religione, ha creato la sequela.
Gesù ha invitato l’umanità ad una sequela.
Vi prego diventiamo missionari iniziando dalla nostra casa.
Il secondo aspetto del confessare:
Riprendetevi in mano, come dice il Concilio, la “consecratio mundi” cioè la consacrazione delle realtà temporali.
Dovete riprenderle voi non noi la politica come servizio, non come lamento, come clientela; la “consecratio mundi” sta nelle vostre mani, le realtà temporali sono vostre, vi prego entrate dentro le giunture della storia, là dove sono le ferite, le ingiustizie, e devo dirvi che a noi vescovi Papa Francesco ci ha dato coraggio.
Ieri Papa Francesco ha detto parole terribili: “se uno prende le tangenti, dà pane avvelenato ai suoi figli”, ma perché lo deve dire il Papa?
Perché non lo deve dire la comunità cristiana?
Occorre che la comunità stia dentro le pieghe della storia; per fare un buon dolce non ci vuole molto lievito e poca farina, ma poco e buon lievito e molta farina; sembra che nella società il lievito sia inacidito, ma senza essere pessimisti, perchè la forza sta nello Spirito.
Ora continuiamo la celebrazione dell’Eucarestia che offro per tutti voi, perché nelle varie esperienze si possa essere così come lo Spirito ci vuole.
Amen!

†  Edoardo Arcivescovo

Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore